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Diario di viaggio

 

          Viaggio e volontariato in India

                           by Sissy

 

India:  Settembre 2005

Continua dalla pagina 2

Passiamo Moradabad per scendere ad una delle stazioni successive, Raja Ka Sahaspur, la locale stazione ferroviaria di Bilari.

Pensate che per un tragitto di 7 ore in treno (anche se dovevano essere 5), dalla stazione di Old Delhi a Bilari il biglietto è costato solo 0,57 rupie (neanche 1 euro).

Alla stazione incontrammo il sempre disponibile autista tuttofare del progetto Rameshi, che incredibilmente carica noi 8 volontari e altretanti bagagli tutti insieme (appassionatamente) nella vecchia jeep. Direzione Amarpurkashi (preferibilmente chiamata APK).

Dopo circa 1 ora di viaggio arrivammo a destinazione. L'accoglienza rende onore alla semplicità di cuore di questa gente. Ci viene servito del caldo chai, biscotti e banane (sempre loro!).

Veniamo presentati al devoto fondatore del progetto di volontariato (che nasce 40 anni prima) Mukat Singh, un uomo di circa 70 anni, e agli altri membri dello staff, tra cui voglio ricordare in particolare Rajin (la nostra affezionata coordinatrice-governante-amica-nipote ventunenne di Mukat) e Mukesh (un dolce ragazzo di 22 anni-insegnante di informatica al locale istituto scolastico-studente in giurisprudenza nel capoluogo Moradabad e nostro insegnante di Hindi).

Improvvisamente sento, anzi sentiamo, uno strano rumore, o meglio un ruggito, provenire dalla finestra (non finestra) alle nostre spalle...aiuto! sono le scimmie! ammaliate dai nostri 'biscotti' non ci hanno pensato due volte a introdurre le proprie presentazioni, non richieste per giunta.

Lo staff riesce a mandarle via senza difficoltà con un semplice 'via, via'...wow che spavento!

A quanto pare le scimmie in India stanno diventanto un grosso problema, si riuniscono in branco, e spesso sono portatrici di rabbia (quindi un consiglio, statene alla larga e non mangiate, mai, nelle loro vicinanze).

 

Veniamo quindi accompagnati per un giro di orientamento agli edifici che occupano le scuole (elementari, superiori e università) e la biblioteca, agli spazi di ritrovo comune, e agli alloggi. L'indomani avremmo modo di conoscere gli scolari e i loro insegnanti, quindi di andare a Bilari per prendere le nostre misure dal sarto (un personaggio!) che con (poca) cura ci confezionerà i nostri vestiti secondo la tradizione indiana, per poi fare finalmente una approfondita conoscenza con il villaggio e il nostro ruolo in esso.

 

Le giornate erano più o meno tutte uguali, tuttavia mai monotone, bensì ricche di nuove e semplici esperienze. Dividevo una camera (che spesso, in occasione delle forti piogge si allagava dal basso ma anche dall'alto), con altre 3 volontarie (Gemma, Sophie, Ruth) e con Rajin (il nostro angelo custode).

Ci si alzava tutti i giorni alle 5.45 del mattino per poter praticare yoga con il saggio Mukat e il bel Mukesh nello stabile adiacente ai nostri alloggi.

 

Dopo una freddissima doccia ci si apprestava alla usuale colazione: una variante di latte o tè, biscotti o porridge e banane (sempre loro!).

Breve lettura dei giornali nazionali o locali con notizie più o meno allarmanti: "notevole incremento di ricoveri e allerta per l'avanzamento della Encefalite Giapponese nello stato dell'Uttar Pradesh"....mmmhmmmmmmmm...è quello nel quale ci troviamo!...ci si guarda in silenzio...consci del fatto che nessuno di noi ha fatto il vaccino contro questa malattia tropicale...mah...meglio non pensarci.

...in effetti decisi di non prendere neanche le pastiglie per la malaria. Non ha senso prendere delle pastiglie per quasi 100 giorni, se non di più, che molto probabilmente daranno più effetti secondari che altro. Inoltre, mi è stata confermata dai medici (solo quelli italiani) e comunque da altre fonti di informazione come libri e vari siti internet, la mia parziale protezione alla malaria dovuta al mio favismo (in termini medici PG6D). La protezione giornaliera con lo spry anti-pizzico e notturna con le tendine apposite era pertanto d'obbligo.

 

Alle 9.30 incominciavamo le nostre attività: conversazione in inglese con gli studenti, pulizie, decorazioni delle aule, organizzare la biblioteca, piccoli lavori amministrativi al computer (vecchio di 50 anni), e così via. Inizialmente mi venne affidato il compito di conversazione in inglese, sia con i bambini delle elementari che con gli studenti universitari. Questi ultimi studiano per il diploma post-universitario in managment e risorse nell'agricoltura (PGRRM), in vista di un loro possibile impiego in organizzazioni governative o non governative come le ONG.

 

Alle 10.30 sino alle 12.30 era il turno delle attività per le scuole elementari. Le prime settimane furono dedicate alla decorazione di alcuni murales delle aule degli alunni più piccoli e in particolare alla creazione di diversi materiali educativi.

 

Alle 13.00 ci si riuniva per il pranzo (noi volontari si mangiava in gruppo ma separati dallo staff): in un vassoio di acciaio suddiviso in circa 6 porzioni ci si apprestava a mangiare del riso, delle ottime lenticchie in umido, delle squisite patate o purè di patate, il classico pane chappati (le mie preferite) e varie altre cosine troppo piccanti per il mio palato, il tutto rigorosamente vegetariano. Poche le varianti: se non sono patate, è purè di patate.

 

Dalle 14.00 alle 16.00 ci si apprestava a continuare le attività della mattina. Il caldo umido continuava ancora ad essere insopportabile. I movimenti del corpo e della mente assumevano sfumature lente e a volte assenti.

 

Ma alle 16.00 la concentrazione doveva assolutamente far capolino per la giornaliera lezione di Hindi...secondo voi? un professore come Mukesh meritava sicuramente studenti migliori.

Durante la durata di tutto il ciclo delle lezioni notai con piacere che per via del mio italiano la mia pronuncia dell'Hindi era migliore rispetto a quella dei miei colleghi inglesi. Ah che bella rinvicita! essere l'unica non-inglese in un gruppo 'Mother English' e per di più in terra straniera può destare qualche insicurezza, tuttavia tutto è andato nel miglior modo possibile.

 

Alle 17.00 merenda. Banane? si!

 

Qualche minuto prima delle 18.00 si rendeva necessaria una doccia super veloce per un meritato rinfresco pomeridiano.

 

Dalle 18.00 alle 19.00 ci si siedeva in circolo sulla grande terrazza per un incontro di gruppo con il fondatore del progetto, Mukat. Le tematiche dei 'talks' cambiavano ogni sera e andavano dallo sviluppo economico dell'India, alla questione della discriminazione sociale, dalla religione alla educazione scolastica e altro ancora.

 

Alle 19.30 arrivava puntuale l'ora della cena, onore al super efficiente Lala Ji il boss della cucina.

 

La cena, nel primo mese di permanenza nel villaggio è stata letteralmente caratterizzata dal colore verde. Devo premettere che sin da bambina ho avuto un terrore fobico delle cavallete (di qualsiasi colore e dimensione). Ebbene, per via delle pioggie monsoniche (o meglio cicloniche), all'accensione delle luci serali (azionate da un generatore elettrico),dagli aquitrosi campi adiacenti il villaggio arrivavano alla nostra tavola sciami di cavallette verdi! La terrazza e gli infissi del caseggiato lentamente assumevano via via il colore dell'erba dei campi...letteralmente si doveva stare attenti a cosa si metteva in bocca (riso alla cavalletta di campo o riso con lenticchie).

È incredibile come la mente umana e quindi il fisico, i tuoi sensi, nervi e muscoli, possano adattarsi a determinate situazioni, a certi contesti ambientali o sociali...

 

Dopo la cena, verso le 20.00 ci si ritrovava nelle nostre chiacchere generali e soprattutto nella mitica camminata digestiva al fresco nella grande terrazza. Avanti indietro avanti e indietro lungo il perimetro della terrazza (prestando attenzione a non calpestare i grossi rospi che da quell'ora incominciavano ad affollare il pavimento). La passeggiata serale è una usanza tipica degli indiani, ritrovarsi spesso mano nella mano (ma solo con qualcuno dello stesso sesso) a passeggiare la sera nella via principale del paese o comunque dove possibile.

 

Alle 21.00 la giornata poteva considerata ormai alla fine perchè arrivava l'ora di ritirarsi nelle proprie stanze. Tutti a nanna in quanto il generatore elettrico esauriva la sua funzione e quindi elettricità off. Per fortuna la mia colorata mini-torcia blu mi permetteva di leggere un pò prima dell'arrivo del sonno ristoratore.

 

Così iniziò il mio volontariato in India, in quel piccolo villaggio rurale, che nei successivi 3 mesi diventò il mio tetto sotto il cielo del mondo, il mio letto sopra la fertile terra, il mio riparo dai mille colori, la mia sostanza temporanea di vita.

 

 

 

 

 

 

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