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Diario di viaggio Gap Year: la mia esperienza in Sri Lanka By Franco Di Giacomo Ho sempre desiderato viaggiare, conoscere nuove persone e fare nuove amicizie, cosi' dopo varie e difficili persuasioni familiari ho deciso di intraprendere 6 mesi di viaggio all'estero, da solo. Ero al secondo anno di universita' e volevo realmente vivere l'esperienza di una nuova cultura prima di affrontare gli esami piu' pesanti quindi decisi di fare domanda in una organizzazione per il Gap Year. Mi armai di coraggio e incominciai a organizzarmi. Internet mi offriva una miriade di informazioni, tuttavia i siti web italiani rimanevano un po' vaghi mentre quelli inglesi erano ricchi di consigli e esperienze personali. Considerando che il mio inglese, anche se a livello molto scolastico, era sufficiente per comunicare, decisi di fare domanda in una organizzazione Inglese per il settore 'Community Caring', in un orfanotrofio nello Sri Lanka, per la durata di 4 mesi, utilizzando i restanti 2 mesi in Giappone. Partii da Milano per la capitale Colombo, dove incontrai gli altri ragazzi del progetto, 4 inglesi, 2 danesi e 1 brasiliano....ahhhh, essere l'unico di lingua italiana mi fece sentire allo stesso tempo smarrito e felice, sicuramente il mio inglese migliorera', pensavo...ragazzi che esperienza mi accingevo a fare! Venne ad accoglierci all'aeroporto il capogruppo locale del progetto, una splendida ragazza di nome Ranjii. Nell'orfanotrofio, dei 14 bambini, tra 1 e 9 anni, 6 erano disabili e tutti insieme ci hanno regalato momenti di gioia e grandi emozioni. Con i ragazzi del gruppo andava alla grande, io e le ragazze danesi eravamo alla prima esperienza con i bambini, ma le giornate si svolgevano con estrema semplicita': cantavamo per i bambini, giocavamo insieme a loro, dipingevamo i muri della scuola con vari murales (uno dei ragazzi inglesi era bravissimo nei graffiti) e a turno li lavavamo, e si preparavano i pasti. Prendevamo in braccio coloro che non potevano camminare; il loro modo di aggrapparsi alle nostre spalle con cosi' tanta speranza e amore era emozionante...non si puo' capire l'importanza di questi momenti se non si provano personalmente. Bastava cosi' poco per renderli felici e sorridenti. Un giorno portammo i bambini a fare un picnic; convincemmo il panificio locale a donare un po' di cibo per tutti noi con tanto di pane fresco e dolci a non finire, io e il ragazzo brasiliano preparammo una specie di insalata di riso con il mango (era buona che pensate?), per trasporto usammo Ranjii e la sua jeep, piu' una presa a noleggio (guidata dal brasilian'man..tuttofare!). Per i bambini era la prima volta che andavano a fare un picnic, immaginate quanto erano entusiasti. La giornata e' stata un po' faticosa ma vedere loro cosi' felici ripagava tutte le fatiche. Mi sento cosi' fortunato nell'aver fatto questa esperienza. Ho imparato a vivere in un'altra nazione e in un'altra cultura cosi' diversa dalla mia...fuori casa per 6 mesi! Fare le cose di tutti i giorni, come andare a fare la spesa per la mia piccola comunita', o fare lunghe chiaccherate con la popolazione locale (come?! beh un misto di gesti, inglese..con qualche comparsa di italiano, e lingua locale), e con i ragazzi del gruppo, mi ha insegnato e fatto capire molte cose. In Giappone, ci andai sempre con la stessa organizzazione, cambiando il gruppo (2 australiani e 3 americani), passando attraverso Kuala Lampur), steti 4 settimane in uno zoo aiutando gli inservienti nelle pulizie e cura degli animali (Grrrrr), dopodiche' per il resto delle settimane viaggiai verso il nord in compagnia del gruppo americano, da veri e propri back-packers. Ora, rientrato in Italia da ormai 2 anni devo dire che l'esperienza mi e' servita non solo a livello personale rendendomi piu' sicuro e indipendente, ma anche a livello sociale, mi ha reso piu' attivo, mi ha regalato la volonta' e la consapevolezza che viaggiare ti apre veramente la mente, e ti senti piu' utile, importante e uomo. A presto e al prossimo viaggio. Franco
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